sabato 26 febbraio 2011

ROMA NEL MONDO - PROTOCOLLO D'INTESA "PACTUM ROMANUM" - RIEVOCAZIONI STORICHE DELL'ANTICA ROMA


Comunicato stampa

L’Associazione culturale Roma Caput Mundi annuncia la stipula di un innovativo protocollo di intesa “PACTUM” tra le Associazioni culturali di archeologia sperimentale e di storia sulla Roma Antica

Un primo passo quale fattivo e importante contributo alla valorizzazione del patrimonio culturale e storico della civiltà romana.
Roma , 21 Febbraio 2011:   le Associazione culturali e sociali “Roma Caput Mundi”, “Civiltà Romana”, “Romanitas – SPQR” e “Valhalla Viking” hanno oggi siglato un protocollo di intesa definito “Pactum”, volto alla promozione, valorizzazione e diffusione della cultura, della storia e dell’arte della civiltà romana tra il pubblico e le istituzioni italiani ed esteri.
Le Associazioni firmatarie si sono impegnate , attraverso le rievocazioni storiche, le ricerche archeologiche lo studio degli gli usi e costumi, a diffondere la cultura e la civiltà di Roma in Italia e nel mondo, al fine di ampliare la conoscenza di Roma nella cultura letteraria, artistica, musicale e gastronomica. Obiettivo delle iniziative svolte dalle Associazioni aderenti al protocollo di intesa è quello di porsi come punto di riferimento per quanti desiderino conoscere, conservare e valorizzare la cultura e le tradizioni millenarie romane, rendendole facilmente fruibili ed accessibili anche attraverso l’esperienza diretta delle rievocazioni e ricostruzioni storiche.
Con il Pactum, le quattro Associazioni fondatrici, pioniere nel loro genere, hanno l’intenzione di voler creare un nucleo direttivo ed operativo delle iniziative culturali e sociali, ovvero un centro di coordinamento di tutte quelle iniziative culturali e storiche che, oggi, risultano ancora eccessivamente frammentate e disperse, rendendo maggiormente efficaci sia la comunicazione, l’organizzazione che gli esiti stessi delle manifestazioni e dei progetti.
Il Pactum rappresenta, dunque, uno strumento “aperto” a tutte le Associazioni di Roma e del Lazio che desiderino impegnarsi a sviluppare congiuntamente e di comune accordo tutte le azioni di comunicazione opportune per la presentazione e la divulgazione dei risultati dell'attività oggetto del protocollo.
Il 19 marzo 2011 dalle ore 16.00 alle ore 18.00, organizzeranno un evento di ricostruzione storica del periodo Giulio-Claudio (I sec. a.C. – I sec. d.C.) . Nell' occasione, le Associazioni presenteranno concetti storici e sociali della civiltà romana dell’età repubblicana e del principato Augusteo.
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Contatti:

ASS.NE ROMA CAPUT MUNDI: Augusto CARATELLI (Presidente)|cell/tel..:347.7747707

mercoledì 23 febbraio 2011

LAVORO FORZATO, SCHIAVITU' E CONTRAFFAZIONE = DISOCCUPAZIONE - TAVOLINI DELLA VERITA' IN TUTTA ROMA

A PARTIRE DA SABATO 26 FEBBRAIO 2011 PARTIRA' DAL RIONE ESQUILINO IN PIAZZA SANTA MARIA MAGGIORE ANGOLO VIA MERULANA UN TOUR DI INFORMAZIONE SUI DANNI CHE PRODUCE LA CONTRAFFAZIONE CON LE OVVIE RICADUTE SULL'ECONOMIA NAZIONALE ITALIANA IN PARTICOLARE SULLA "DISOCCUPAZIONE" SULLA "SALUTE PUBBLICA" "IMMIGRAZIONE CLANDESTINA" E QUINDI "LAVORO FORZATO = SCHIAVITU' = LAOGAI CINESI E ITALIANI"
1° APPUNTAMENTO: SANTA MARIA MAGGIORE: ORE 10 -13 SABATO 26 FEBBRAIO 2011 VIENI A FIRMARE

domenica 20 febbraio 2011

NATALE DI ROMA 2011 - SI AVVICINA, TENETEVI PRONTI

SIAMO VICINI AL NATALE DI ROMA 2011.UN EVENTO STORICO CHE TUTTI ASPETTANO DA TEMPO. AUGUSTO, GIULIO CESARE, VESPASIANO, TUTTI PERSONAGGI CHE HANNO FATTO GRANDE ROMA. COLOSSEO, ARCO DI TITO, ARCO DI COSTANTINO, ARA PACIS, CIRCO MASSIMO ECC. MONUMENTI  CONOSCIUTI IN TUTTO IL MONDO.ALEA IACTA EST

mercoledì 16 febbraio 2011

TESTACCIO - PISTA CICLABILE - TUTTO DA RIFARE IL I MUNICIPIO FUORI DI TESTA

SABATO SCORSO 12 FEBBRAIO 2011 ABBIAMO PARTECIPATO INSIEME AL CONSIGLIERE (PDL) AUGUSTO CARATELLI ALLA PROTESTA CONTRO IL I MUNICIPIO DI ROMA GOVERNATO DA 20 ANNI DAL CENTRO-SINISTRA. LA STORIA: UN ANNO FA IL I MUNICIPIO DECIDE DI REALIZZARE UNA PISTA CICLABILE (180.000 EURO), GIUSTA IDEA MA IN UNA STRADA COME VIA ZABAGLIA, STRADA ASSOLUTAMENTE INAPPROPRIATA PER LA COSTRUZIONE DI UNA PISTA CICLABILE, INFATTI NELLA FOTO DUE AUTOBUS SI BLOCCANO PER LO SPAZIO RIDOTTO DELLA CARREGGIATA.ORA CI CHIEDIAMO, MA GLI SCIENZIATI DEL MUNICIPIO NON HANNO CALCOLATO TUTTO CIO????????ORA VISTO LE NUMEROSE PROTESTE IL I MUNICIPIO VUOLE SPENDERE ALTRI 40.000 PER RIMUOVERLA......MA SIAMO MATTI???????????????? FACTA NO VERBA

lunedì 7 febbraio 2011

MUNICIPIO ROMA CENTRO STORICO - MOZIONE CONDANNA LAOGAI E PERSECUZIONI AI CATTOLICI IN CINA

Il Consigliere Roma Capitale Augusto Caratelli
VENERDI' 11 FEBBRAIO 2011 ALLE 10,30 PRESSO IL MUNICIPIO I - VIA DELLA GRECA,5 ROMA - SI DISCUTERA' LA MOZIONE PRESENTATA DAL CONSIGLIERE DI ROMA CAPITALE AUGUSTO CARATELLI (PDL), INTERVERRA' ANCHE L'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE "LAOGAI FOUNDATION RESEARCH" ITALIA-USA.DI SEGUITO IL TESTO DELLA MOZIONE
MOZIONE

AL CONSIGLIO DEL PRIMO MUNICIPIO “Roma Centro Storico”

I Laogai e I laboratori clandestini: la piaga del lavoro forzato per essere sconfitta va denunciata!
In tutti noi, la parola “lager”, genera un profondo senso di dolore e inquietudine. Altrettanto sgomento porta con sé il termine “gulag”, che rievoca la follia di chi fece del suo popolo combustibile umano per il socialismo, quello reale. Ai più, invece, la parola “Laogai” dice poco; eppure, anche se sembra diversa, ha molto a che vedere con lager e gulag: come i campi di sterminio nazisti e quelli sovietici, infatti, i Laogai sono luoghi di morte, posti dove il lavoro diventa incubo e i diritti, tutti i diritti, sono solo lontani ricordi.
Con una fondamentale differenza: esistono ancora oggi, nel 2009.
I Laogai sono i campi di concentramento della Cina, lo Stato che con un miliardo e trecento milioni di abitanti e una vertiginosa crescita economica si candida a diventare,  e forse lo è già, la nuova superpotenza mondiale. A denunciare per la prima volta al mondo intero l’orrore di questi campi di sterminio del nuovo millennio, qualche anno fa, è stato proprio un cittadino cinese. Lì ha trascorso diciannove anni della sua vita, Harry Wu, classe 1937, intellettuale cattolico e ostile al regime. Dobbiamo a lui, che nel ‘92 fondò a Washington la Laogai Research Fondation e dal ’94 ha ottenuto la cittadinanza statunitense, buona parte di quello che sappiamo su questi campi di lavoro che oggi, in tutta la Cina, si stima siano almeno un migliaio. I Laogai sono stati creati da Mao nel 1950 e sono in piena attività con un numero di detenuti dai 3 ai 5 milioni. Cifre piu’ esatte non si possono ottenere perchè questi dati sono “segreto di Stato” in Cina. Grazie a testimonianze dei reduci, siamo in grado di raccontare in che cosa consista la vita dei detenuti: lavoro forzato fino a 16-18  ore al giorno, alle quali seguono “sessioni di studio” che altro non sono che pratiche di indottrinamento forzato, lavaggi del cervello per clonare adepti di un esperimento politico criminale e liberticida. A tutto questo si aggiungano, oltre alle migliaia di esecuzioni di massa, forme di tortura inenarrabili, che vanno dall’aborto forzato fino all’espianto coatto di organi a persone vive. I destinatari di queste pratiche infernali, oltre ai dissidenti politici, sono coloro che aderiscono alle confessioni religiose, il vero incubo di un regime che, per fortificarsi, fa di tutto per eliminare, tra i cittadini, ogni forma di speranza e di riscatto. Di qui l’odio verso le religioni, in particolare verso il cristianesimo, al quale ogni giorno aderirebbero, in clandestinità, svariate migliaia di cittadini cinesi. Ma la cosa peggiore, in tutta questa vicenda, è l’omertoso silenzio di buona parte del mondo occidentale, che con la Cina delle torture e dei Laogai intrattiene quotidiani e redditizi rapporti economici.
Non fa nessuna differenza, a chi segue il dio danaro, sapere che il suo sia un profitto insanguinato, costruito sulla pelle di esseri umani innocenti. I Laogai sono infatti molto attivi nell’export. L’importazione di prodotti del lavoro forzato non è solamente immorale ma anche dannosa alla nostra economia perchè causa bancarotte di impresa, disoccupazione e cassa d’integrazione. Anche l’Italia, purtroppo, non è totalmente estranea alla pratica del lavoro forzato. Si prendano ad esempio i laboratori clandestini di Prato o di altre città nei quali si realizza una vera e propria riduzione in schiavitu’ dei lavoratori. Prato, uno dei principali distretti cinesi d’Italia, ospita attualmente 3.400 aziende manifatturiere orientali che contano circa 40.000 addetti tra cui 30.000 clandestini. I datori di lavoro mantengono in condizioni di assoggettamento i loro dipendenti tenendoli rinchiusi nel luogo di lavoro e costringendoli a pagare con le loro 16-18 ore di lavoro quotidiano, una sorta di debito per l’ingresso in Italia e l’alloggio ottenuto. Tali imprese orientali che operano prettamente nel settore dell’abbigliamento controllano rigidamente tutte le fasi del processo produttivo, dall’importazione sottocosto dei tessuti, che possono anche venire dai laogai, molto attivi nel tessile e nell’export, alla rifinitura dei capi, dal trasporto alla vendita. Esse, pur sfuggendo alle norme di natura commerciale, infortunistica, sanitaria e previdenziale vigenti in Italia, godono di un giro di affari miliardario, potendosi i loro prodotti, interamente confezionati in Italia, fregiarsi dell’etichetta “
made in Italy”. Si tratta di due miliardi di giro d' affari per almeno il 50% realizzato in nero, evadendo tasse e contributi. La produzione e' di 1 milione di capi d' abbigliamento al giorno, 360 milioni all' anno, tutti cuciti da immigrati cinesi che, in larga parte, lavorano per aziende cinesi senza tutele ne' garanzie. Nel 2009 la fetta di ricchezza trasferita da Prato in Cina, sotto forma di rimesse di denaro inviate attraverso i money transfer, e' cresciuta del 25%, superando i 464 milioni di euro. L’art. 600 del codice penale prevede forti sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme a tutela dei lavoratori, ma non prevede il divieto del commercio e la confisca dei beni prodotti nei laboratori clandestini.
Pertanto il dovere morale di deplorare e di combattere ogni abuso e qualsiasi forma di sfruttamento del lavoro, specie se di detenuti, costituisce un dovere fondamentale di democrazia liberale.
La comunità internazionale dopo aver approvato una Convenzione Internazionale contro la Schiavitù nel 1926, attraverso l’OIL ha anche fatto sue numerose convenzioni contro il lavoro forzato e quello minorile (n.29. n.105, n.138 e n.182) controfirmate da almeno 150 paesi. Nel nostro ordinamento giuridico abbiamo una legge , la n.274 del 1934, che vieta espressamente il lavoro forzato. Gli accordi GATT contenevano una clausola (la XX/e) che proibiva il lavoro coatto. Purtroppo queste norme sono state disattese negli accordi del WTO.

Nonstante ciò il lavoro forzato continua a prosperare in Cina come in Italia.
Ma noi no, non possiamo accettare tutto questo.
E dobbiamo adoperarci con ogni mezzo, dalla divulgazione di testi a conferenze, per smascherare il grande inganno di un impero, quello cinese, che si regge anche sulla schiavitù peggiore, quella che nega agli uomini ogni libertà, fino all’eliminazione fisica.
Dobbiamo farlo con fermezza, nella speranza e nella convinzione che, per quanto oggi possa apparire ardua l’impresa, un domani anche “Laogai”, insieme a “lager” ed a “gulag”, possa diventare una parola del passato, da ricordare come qualcosa da non ripetere mai più
Ciò premesso il Consiglio della Regione .....Provincia.... Comune impegna la Giunta-si impegna :
1)    adoperarsi per una divulgazione mediante l’organizzazione di manifestazioni (mostre, convegni, conferenze), sia attraverso l’opera di testimoni esperti della realtà del Laogai, sia attraverso associazioni non governative che lavorano per l’affermazione dei diritti umani in Cina;
2)    condanna l’esistenza di campi di lavoro Laogai sparsi nel Paese, nei quali il regime cinese detiene in condizioni disumane attivisti favorevoli alla democrazie e ai sindacati e membri di minoranze nazionali e religiose senza un giusto processo, costringendoli a lavorare in terribili condizioni e senza cure mediche. Su ogni bene esportato la Cina deve dare garanzia che non è prodotto nei Laogai e, in mancanza di questa assicurazione, è necessario proibire l’importazione nella U.E.;
3) sostiene il passaggio di una legge che nazionale che proibisca l’importazione ed il commercio dei prodotti del lavoro forzato chiedendo forti sanzioni per chi la trasgredisce e la confisca dei beni e dei macchinari usati allo scopo di produrre manufatti mediante il lavoro coatto.

Ciò premesso il Consiglio del I Municipio di Roma Capitale impegna il Consiglio della Regione Lazio,la Provincia di Roma, Roma Capitale e il Governo Italiano:
1)  Di Adoperarsi per una divulgazione mediante l’organizzazione di manifestazioni (mostre, convegni, conferenze), sia attraverso l’opera di testimoni esperti della realtà del Laogai, sia attraverso associazioni non governative che lavorano per l’affermazione dei diritti umani in Cina;
2)    Condanna l’esistenza di campi di lavoro Laogai sparsi nel Paese, nei quali il regime cinese detiene in condizioni disumane attivisti favorevoli alla democrazie e ai sindacati e membri di minoranze nazionali e religiose senza un giusto processo, costringendoli a lavorare in terribili condizioni e senza cure mediche. Su ogni bene esportato la Cina deve dare garanzia che non è prodotto nei Laogai e, in mancanza di questa assicurazione, è necessario proibire l’importazione nella U.E.;
3) Sostiene il passaggio di una legge nazionale che proibisca l’importazione ed il commercio dei prodotti del lavoro forzato chiedendo forti sanzioni per chi la trasgredisce e la confisca dei beni e dei macchinari usati allo scopo di produrre manufatti mediante il lavoro coatto.


Il Consigliere Augusto Caratelli
         GRUPPO PDL


venerdì 4 febbraio 2011

ESQUILINO - ORA I BENGALESI PERDONO LA TESTA, RISSA IN 50 ORA CONTROLLI A TAPPETO E FUORI I CLANDESTINI

NON E' PIU' TOLLERABILE CHE DECINE DI CITTADINI BENGALESI LA SERA SI RIUNISCANO IN MEZZO ALLA STRADA E SUI MARCIAPIEDI DI VIA PRINCIPE AMEDEO A MANGIARE E BERE ALIMENTI FORNITI DA VENDITORI AMBULANTI ABUSIVI, NON SIAMO IN BANGLADESH.LA GENTE E' PREOCCUPATA DALLA PRESENZA DI GRUPPI DI PERSONE TUTTI MASCHI CHE SOSTANO DAVANTI ALLE ABITAZIONI LASCIANDOSI ANDARE COME ACCADUTO IERI IN LITIGI CHE SI TRASFORMANO IN RISSA E POI SPUNTANO I COLTELLI.IERI IN 50 SI SONO ACCOLTELLATI IN MEZZO ALLA STRADA CREANDO IL PANICO.ORA BASTA.IL COMITATO HA ATTIVATO LA MOBILITAZIONE PERMANENTE DI 2000 PERSONE PER SEGNALARE ALLE FORZE DELL'ORDINE OGNI ILLEGALITA'.ALEA IACTA EST

lunedì 31 gennaio 2011

COSI' DOBBIAMO COMBATTERE LA CONTRAFFAZIONE I LAOGAI E LE PERSECUZIONI AI CATTOLICI IN CINA?


I Laogai e I laboratori clandestini: la piaga del lavoro forzato per essere sconfitta va denunciata!
In tutti noi, la parola “lager”, genera un profondo senso di dolore e inquietudine. Altrettanto sgomento porta con sé il termine “gulag”, che rievoca la follia di chi fece del suo popolo combustibile umano per il socialismo, quello reale. Ai più, invece, la parola “Laogai” dice poco; eppure, anche se sembra diversa, ha molto a che vedere con lager e gulag: come i campi di sterminio nazisti e quelli sovietici, infatti, i Laogai sono luoghi di morte, posti dove il lavoro diventa incubo e i diritti, tutti i diritti, sono solo lontani ricordi.
Con una fondamentale differenza: esistono ancora oggi, nel 2009.
I Laogai sono i campi di concentramento della Cina, lo Stato che con un miliardo e trecento milioni di abitanti e una vertiginosa crescita economica si candida a diventare,  e forse lo è già, la nuova superpotenza mondiale. A denunciare per la prima volta al mondo intero l’orrore di questi campi di sterminio del nuovo millennio, qualche anno fa, è stato proprio un cittadino cinese.
Lì ha trascorso diciannove anni della sua vita, Harry Wu, classe 1937, intellettuale cattolico e ostile al regime. Dobbiamo a lui, che nel ‘92 fondò a Washington la Laogai Research Fondation e dal ’94 ha ottenuto la cittadinanza statunitense, buona parte di quello che sappiamo su questi campi di lavoro che oggi, in tutta la Cina, si stima siano almeno un migliaio. I Laogai sono stati creati da Mao nel 1950 e sono in piena attività con un numero di detenuti dai 3 ai 5 milioni. Cifre piu’ esatte non si possono ottenere perchè questi dati sono “segreto di Stato” in Cina. Grazie a testimonianze dei reduci, siamo in grado di raccontare in che cosa consista la vita dei detenuti: lavoro forzato fino a 16-18  ore al giorno, alle quali seguono “sessioni di studio” che altro non sono che pratiche di indottrinamento forzato, lavaggi del cervello per clonare adepti di un esperimento politico criminale e liberticida. A tutto questo si aggiungano, oltre alle migliaia di esecuzioni di massa, forme di tortura inenarrabili, che vanno dall’aborto forzato fino all’espianto coatto di organi a persone vive. I destinatari di queste pratiche infernali, oltre ai dissidenti politici, sono coloro che aderiscono alle confessioni religiose, il vero incubo di un regime che, per fortificarsi, fa di tutto per eliminare, tra i cittadini, ogni forma di speranza e di riscatto. Di qui l’odio verso le religioni, in particolare verso il cristianesimo, al quale ogni giorno aderirebbero, in clandestinità, svariate migliaia di cittadini cinesi. Ma la cosa peggiore, in tutta questa vicenda, è l’omertoso silenzio di buona parte del mondo occidentale, che con la Cina delle torture e dei Laogai intrattiene quotidiani e redditizi rapporti economici.
Non fa nessuna differenza, a chi segue il dio danaro, sapere che il suo sia un profitto insanguinato, costruito sulla pelle di esseri umani innocenti. I Laogai sono infatti molto attivi nell’export.
L’importazione di prodotti del lavoro forzato non è solamente immorale ma anche dannosa alla nostra economia perchè causa bancarotte di impresa, disoccupazione e cassa d’integrazione. Anche l’Italia, purtroppo, non è totalmente estranea alla pratica del lavoro forzato. Si prendano ad esempio i laboratori clandestini di Prato o di altre città nei quali si realizza una vera e propria riduzione in schiavitu’ dei lavoratori. Prato, uno dei principali distretti cinesi d’Italia, ospita attualmente 3.400 aziende manifatturiere orientali che contano circa 40.000 addetti tra cui 30.000 clandestini. I datori di lavoro mantengono in condizioni di assoggettamento i loro dipendenti tenendoli rinchiusi nel luogo di lavoro e costringendoli a pagare con le loro 16-18 ore di lavoro quotidiano, una sorta di debito per l’ingresso in Italia e l’alloggio ottenuto. Tali imprese orientali che operano prettamente nel settore dell’abbigliamento controllano rigidamente tutte le fasi del processo produttivo, dall’importazione sottocosto dei tessuti, che possono anche venire dai laogai, molto attivi nel tessile e nell’export, alla rifinitura dei capi, dal trasporto alla vendita. Esse, pur sfuggendo alle norme di natura commerciale, infortunistica, sanitaria e previdenziale vigenti in Italia, godono di un giro di affari miliardario, potendosi i loro prodotti, interamente confezionati in Italia, fregiarsi dell’etichetta “made in Italy”. Si tratta di due miliardi di giro d' affari per almeno il 50% realizzato in nero, evadendo tasse e contributi. La produzione e' di 1 milione di capi d' abbigliamento al giorno, 360 milioni all' anno, tutti cuciti da immigrati cinesi che, in larga parte, lavorano per aziende cinesi senza tutele ne' garanzie. Nel 2009 la fetta di ricchezza trasferita da Prato in Cina, sotto forma di rimesse di denaro inviate attraverso i money transfer, e' cresciuta del 25%, superando i 464 milioni di euro. L’art. 600 del codice penale prevede forti sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme a tutela dei lavoratori, ma non prevede il divieto del commercio e la confisca dei beni prodotti nei laboratori clandestini.
Pertanto il dovere morale di deplorare e di combattere ogni abuso e qualsiasi forma di sfruttamento del lavoro, specie se di detenuti, costituisce un dovere fondamentale di democrazia liberale.
La comunità internazionale dopo aver approvato una Convenzione Internazionale contro la Schiavitù nel 1926, attraverso l’OIL ha anche fatto sue numerose convenzioni contro il lavoro forzato e quello minorile (n.29. n.105, n.138 e n.182) controfirmate da almeno 150 paesi. Nel nostro ordinamento giuridico abbiamo una legge , la n.274 del 1934, che vieta espressamente il lavoro forzato. Gli accordi GATT contenevano una clausola (la XX/e) che proibiva il lavoro coatto. Purtroppo queste norme sono state disattese negli accordi del WTO.
Nonostante ciò il lavoro forzato continua a prosperare in Cina come in Italia.
Ma noi no, non possiamo accettare tutto questo.
E dobbiamo adoperarci con ogni mezzo, dalla divulgazione di testi a conferenze, per smascherare il grande inganno di un impero, quello cinese, che si regge anche sulla schiavitù peggiore, quella che nega agli uomini ogni libertà, fino all’eliminazione fisica.
Dobbiamo farlo con fermezza, nella speranza e nella convinzione che, per quanto oggi possa apparire ardua l’impresa, un domani anche “Laogai”, insieme a “lager” ed a “gulag”, possa diventare una parola del passato, da ricordare come qualcosa da non ripetere mai più.

giovedì 27 gennaio 2011

GIARDINO DI PIAZZA VITTORIO - GRANDE VITTORIA PALETTI ANTI-CAMION E AREA CANI

PALI ANTI-CAMION
ANCORA UNA VITTORIA, QUESTA PIU' SENTITA DELLE ALTRE. INFATTI DOPO 15 ANNI E DICO 15 ANNI RIQUALIFICATO IL GIARDINO DI PIAZZA VITTORIO.VOGLIAMO DIRE GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE AL CONSIGLIERE AUGUSTO CARATELLI PER L'IMPEGNO PROFUSO AL RAGGIUNGIMENTO DI QUESTO STREPITOSO RISULTATO.COME VEDETE NELLA FOTO I PALI POSIZIONATI ALL'INGRESSO DEI QUATTRO CANCELLI DI ACCESSO AL GIARDINO, IMPEDIRANNO L'INGRESSO DI AUTOVEICOLI, AUTOCARRI   MEZZI CHE IN PASSATO HANNO SERIAMENTE DANNEGGIATO IL GIARDINO.
NELLA FOTO SOTTOSTANTE LA
AREA RISERVATA AI CANI
FANTASTICA CREAZIONE DELL'AREA CANI CHE PORTERA' FINALMENTE CENTINAIA DI CANI A RITROVARSI ALL'INTERNO DI UN AREA PROTETTA ANCHE DA UN CARTELLO (FOTO).IL NOSTRO IMPEGNO E LA NOSTRA SERIETA' DANNO RISULTATI CHE OGNI CITTADINO PUO' VERIFICARE. CONCLUDIAMO CON UNA FRASE LATINA A NOI CARA FACTA NO VERBA

lunedì 24 gennaio 2011

CINESI ASSEDIANO L'ITALIA E IL COMITATO ROMA CAPUT MUNDI CI DIFENDE

di Erminia della Frattina    Venezia

In Veneto un imprenditore della moda su quattro è cinese. È nei distretti manifatturieri e nel contoterzismo, leva forte della produttività, la maggiore concentrazione degli imprenditori asiatici. “I cinesi...?. O lavori con loro o chiudi” si sente dire sempre più spesso in Riviera del Brenta, dove c’è il distretto della calzatura più strutturato d’Italia. Louis Vuitton, Chloé, Saint Laurent, Gucci e Dolce e Gabbana affidano i loro campionari alle 700 piccole aziende della Riviera, dove hanno aperto per gemmazione almeno un centinaio di laboratori cinesi “regolari” negli ultimi due-tre anni. “Sono tomaifici e produzioni di semilavorato, dice Giuseppe Baiardo presidente dell’Acrib, l’associazione che fa capo al distretto, la verità è che tutta la parte manuale delle produzione è in mano ai cinesi”. Come giudica le aziende che si affidano ai laboratori cinesi...?. “È una necessità, lo faccio anch’io. Se non ci fossero loro dovremmo delocalizzare tutti. Provate ad andare nelle concerie di Arzignano nel Vicentino, entri nelle fabbriche e ti sembra di essere all’estero”...

I CINESI PERÒ  non sono solo manodopera, diventano anche imprenditori alla svelta. “Hanno una spiccata mentalità imprenditoriale come noi veneti” racconta “l’indiano”. Lo chiamano così perché fa abbigliamento in pelle, ha due laboratori a Noventa Padovana, produce per i grandi marchi di abbigliamento. Quasi il 50 per cento dei suoi dipendenti sono cinesi, venti su 45 operai. “Quando si sposano non ricevono regali ma soldi per aprire un piccolo laboratorio, racconta
Baiardo. E ancora: “Quando ho assunto i primi, dieci anni fa, mi volevano restituire i soldi ad agosto perché non sapevano nemmeno cosa fossero le ferie. Ora leggono le buste paga meglio di noi, e vanno dai sindacati appena qualcosa non va. Però delle regole se ne fregano”. Che vuol dire...?. “Seguendo la legge 626 sulla sicurezza gli ho comprato le scarpe antinfortunistica, il caschetto e tutta l’attrezzatura. Ma non c’è modo di fargliela mettere: non vogliono, hanno caldo, si rifiutano. E io devo abbozzare. Quando quelli della mia generazione andranno in pensione rischiamo di lasciare il distretto in mano ai cinesi”. Per i veneti un’anatema che si ripete: “Diventeremo come Prato”.    Una possibilità che sembra lontana per ora, anche se i dati inediti raccolti da Confartigianato (in una ricerca dal titolo: “Assalto al manifatturiero”) rilevano che in Veneto la metà delle 4 mila imprese a conduzione cinese operano nella moda, e rappresentano un quarto dell’imprenditoria del settore. “Sono dati allarmanti, servono misure straordinarie”, commenta Giuliano Secco responsabile Federazione Moda di Confartigianato. Nel terzo trimestre 2010 operano quasi 4 mila titolari di imprese individuali di origine cinese (dati Movimprese). I comparti con la maggiore consistenza sono tessile abbigliamento, pelli e mobili, seguiti a distanza da commercio e ristorazione...

I PUNTI DI FORZA della competitività asiatica sono noti: costi bassissimi, consegne estremamente rapide, alta flessibilità.
Ma anche i margini di irregolarità sono elevati. “Si è riscontrato, dice Secco di Confartigianato, che molto spesso i laboratori vengono fatti aprire a dei prestanome controllabili, in realtà la regia è gestita da altre persone sempre le stesse, tipo capi clan locali. I laboratori, una volta ottenuta la partita Iva, iniziano a lavorare notte e giorno per un anno e mezzo senza versare un euro di Iva. Questo perché non superando i due esercizi fiscali riescono a evitare i controlli”. Margini di competitività basati spesso su manodopera clandestina o peggio minorenne che hanno stritolato tante aziende locali. Come alla Meeting di Fontanelle nel Trevigiano che commercializza abbigliamento sportivo dove i terzisti cinesi hanno affittato i locali ai piani inferiori, o alla Rr Sartoria di Mogliano che lavorava per Loro Piana, Armani e Dolce e Gabbana, costretta a dichiarare fallimento e mettere tutte le 44 sarte dipendenti in cassa integrazione. “Sono moltissime anche le stirerie nel Trevigiano e nel Vicentino passate in mano ai cinesi, ma anche le camicerie, i piccoli laboratori di pellame, di trasformazione del denim e di lavorazioni artigianali del pronto e dell’alta moda” racconta un imprenditore di Treviso. Tutti vogliono rimanere anonimi, parlare della concorrenza “gialla” in Veneto è tabù. A Treviso Confartigianato della Marca ha istituito una commissione mista assieme alla Guardia di Finanza per rendere più frequenti i controlli nei laboratori in odore di clandestinità...

A PADOVA, dove su 1.800 titolari del tessile abbigliamento 569 sono cinesi si vuole seguire il modello di Treviso. Idem a Rovigo, dove l’incidenza dei titolari “gialli” della moda è salita al 55,6% del totale degli imprenditori. Si perché se in tutte le province venete le imprese calano per effetto della crisi, quelle gestite dai cinesi aumentano, spostandosi nelle province meno controllate. Aumentano del 3 per cento gli imprenditori asiatici a Rovigo, Treviso (+2,7) e Vicenza, calano a Venezia e Verona dove si registra un -16,7 per cento. “Abbiamo fatto delle analisi per singoli Comuni, conclude Secco, che dimostrano come la Bassa Padovana e il rodigino siano le nuove grandi aree di conquista dei cinesi”...

(Il Fatto di Merc. 19 Gen. 2011)
 



Il governatore del Veneto Luca Zaia in una recente missione a Pechino. (FOTO ANSA)

martedì 18 gennaio 2011

ESQUILINO - SIT IN PER DIRE NO AL CENTRO ISLAMICO/MOSCHEA.....INTERVENITE!!!!!!!!

SIT-IN DI OGGI 150 PERSONE DALLE 10 ALLE 12
22 GENNAIO 2011
SABATO 22 GENNAIO 2011 DALLE ORE 10 ALLE ORE 13 SI TERRA' ALL'ESQUILINO IN VIA DI SAN VITO, UN SIT-IN PER DIRE NO ALL'APERTURA DEL CENTRO CULTURALE ISLAMICO/MOSCHEA APERTO DA POCHI GIORNI (FOTO CON GRATA).PUR RISPETTANDO LA LIBERTA' DI CULTO RITENIAMO NON APPROPRIATA L'APERTURA DEL CENTRO A SOLI 5 METRI DALL'INGRESSO DELLA CHIESA DI S. VITO, A 50 METRI DALLA CHIESA DI S.ALFONSO, A 100 METRI DALLA BASILICA DI S.M. MAGGIORE, A  150 METRI DA S. EUSEBIO ECC. E RITENIAMO ANCORA CHE APRIRE IL CENTRO CULTURALE ISLAMICO IN UN RIONE COME L'ESQUILINO GIA' SOTTOPOSTO DA ANNI AD UNO STRESS SOCIALE ED AMBIENTALE.CHIEDIAMO QUINDI ALLE AUTORITA' PREPOSTE DI VERIFICARE SE SONO STATE RISPETTATE TUTTE LE NORME  DI LEGGE COME QUELLA SULLA DESTINAZIONE D'USO, LA LEGGE 626 E L'EVENTUALE AUTORIZZAZIONE DELLA QUESTURA COME LUOGO DI CULTO.INVITIAMO QUINDI LA POLIZIA MUNICIPALE, L'UFFICIO TECNICO DEL I MUNICIPIO E LA POLIZIA DI STATO A VERIFICARE TUTTO CIO'. CUI PODEST

domenica 16 gennaio 2011

ESQUILINO NON E' CHINATOWN E MAI LO SARA'........ PERCHE'?????


MARCUS, ALEX, AUGUSTUS E MARCUS
QUI DI FIANCO ALCUNI DEI LEGIONARI CHE SI BATTONO OGNI GIORNO PER EVITARE CHE IL RIONE ESQUILINO DIVENTI  UNA CHINATOWN. SONO ORMAI 15 ANNI CHE TENIAMO TESTA ALL'INVASIONE CINESE E BENGALESE CON GRANDI RISULTATI E QUI DI SEGUITO ELENCHIAMO LE NOSTRE VITTORIE:

  • SIAMO L'UNICA CITTA' DEL MONDO A NON AVERE UNA VERA E PROPRIA CHINATOWN
  • SIAMO 22.830 RESIDENTI ITALIANI E 500 CITTADINI CINESI E BENGALESI RIONE PIU' POPOLOSO DEL I MUNICIPIO DI ROMA CAPITALE
  • SU 1250 ATTIVITA' COMMERCIALI SOLO 610 SONO IN MANO CINESE
  • SONO 2100 I LEGIONARI RESIDENTI CHE CI SOSTENGONO IN QUESTA GRANDE BATTAGLIA CHE VEDRA' RINASCERE L'ESQUILINO
  • SONO 78 I NEGOZI CINESI CHIUSI DA OLTRE 1 ANNO 
  • SONO ANCORA 250 LE POSIZIONI IRREGOLARI DI NEGOZI CINESI IN FASE D'INDAGINE, COME IN VIA CAPPELLINI, VIA CAIROLI, VIA BIXIO ECC.
  • LA DELIBERA 10 DEL 2009 PROMOSSA DAL CONSIGLIERE AUGUSTO CARATELLI (PDL)  DURERA' FINO AL 2014 E INIBISCE L'APERTURA DI NUOVI NEGOZI DI PELLETTERIA, BIGIOTTERIA, SCARPE E ABBIGLIAMENTO.
  • SONO 6 LE BANCHE CINESI FANTASMA CHIUSE NEL 2010 DOPO IL BLITZ DELLA GUARDIA DI FINANZA
  • SONO STATI 5580 LE PERSONE IMMIGRATE SCOPERTE NEGLI APPARTAMENTI SOVRAFFOLLATI NEGLI ANNI 2008-2009-2010 DA 8 A 25 POSTI LETTO IN 50-90 m2
  • DIFENDIAMO IL TRIANGOLO DELLA CRISTIANITA' DA SM. MAGGIORE A SANTA CROCE IN GERUSALEMME FINO A S. GIOVANNI 
  • SONO SETTE LE TV ESTERE CHE CI HANNO INTERVISTATO E DOCUMENTATO IL SUCCESSO DI NON AVER CONSENTITO LA CHINATOWN...........NO ALLE GHETTIZZAZIONI SOCIALI E AMBIENTALI
LA NOSTRA MISSIONE LA VOSTRA SPERANZA.......................ALEA IACTA EST

BENVENUTI NEL BLOG DEL COMITATO PIU' FAMOSO DI ROMA

Il Comitato Difesa Esquilino - Monti poi trasformato in Comitato Difesa Roma Caput Mundi Sede Esquilino nasce nel 1998 a seguito dell'apertura di 30 Attività Commerciali Cinesi e Bengalesi avvenute nel solo mese di Settembre 98. Alla luce di ciò centinaia di residenti hanno sentito la necessità di costituire questo importante COMITATO DI DIFESA che ha cercato in questi anni con grande forza e determinazione di riqualificare gli storici Rioni e la città di Roma con l'obiettivo di fermare la continua Invasione del Territorio in modo selvaggio e senza regole. Il Comitato si batte contro la desertificazione commerciale ed artigianale, il degrado e la superficiale attuazione delle Leggi e Delibere e contro la perdita di valori cristiani e cattolici e dell'identità propria di Roma. Grazie a tutti coloro che partecipano e sostengono le iniziative del Comitato.

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